Orientamenti delle Sezioni Civile della Cassazione nel 2023 in tema di Successioni - Commento alla rassegna pubblicata dal Massimario

Nel 2023 la Corte di Cassazione ha offerto un quadro articolato della propria giurisprudenza in tema successorio, affrontando questioni centrali come l’equiparazione dei figli naturali e legittimi, i limiti all’interpretazione del testamento, l’azione di riduzione in presenza di trust o donazioni indirette, e la collazione in sede di scioglimento della comunione ereditaria.

Estrapoliamo alcune sentenze segnalate dall'Ufficio del Massimario nella Rassegna del 2023 per effettuare una breve analisi.

1 – Equiparazione tra figli naturali e legittimi in successione: un punto fermo della Cassazione

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Sent. 31 marzo 2023, n. 9066 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Mauro Criscuolo

Oggetto

La decisione affronta la delicata questione della retroattività della parificazione tra figli legittimi e naturali ai fini successori, in relazione a una successione apertasi nel 1944, cioè in epoca anteriore alla riforma del diritto di famiglia del 1975 e alla successiva legge n. 219/2012.

Sintesi della vicenda

Un uomo nato da relazione extraconiugale, riconosciuto figlio naturale con sentenza passata in giudicato nel 2007, aveva agito per far valere i propri diritti ereditari nei confronti del nipote del de cuius, il quale era succeduto per legge al proprio padre, unico figlio legittimo del defunto. Il giudizio ha attraversato più decenni, includendo anche una complessa divisione ereditaria e il decesso di varie parti in corso di causa.

Il Tribunale di primo grado aveva ridotto i diritti successori del figlio naturale, applicando l’art. 574 c.c. nella versione anteriore alla riforma del 1975. La Corte d’Appello di Catania ha invece riformato quella pronuncia, attribuendo al figlio naturale diritti successori in misura pari a quelli del figlio legittimo, richiamando la normativa sopravvenuta e l’orientamento della CEDU. La Cassazione conferma.

Punti salienti della decisione

  1. Ambito temporale della riforma sulla filiazione
    Nonostante la successione si sia aperta nel 1944, la Corte applica i principi introdotti dalla legge n. 219/2012 e dal d.lgs. 154/2013, richiamando l’art. 104, comma 8, che consente l’applicazione delle nuove regole anche alle successioni anteriori, nei limiti della compatibilità​.

  2. Rilevanza della CEDU
    Pur riconoscendo che le norme convenzionali (artt. 8 e 14 CEDU) non hanno lo stesso effetto diretto delle norme UE, la Corte valorizza la giurisprudenza della Corte EDU, che ha più volte affermato l’illegittimità di ogni forma di discriminazione tra figli nati dentro o fuori dal matrimonio​.

  3. Equiparazione sostanziale tra figli
    L’art. 315 c.c. attribuisce a tutti i figli lo stesso stato giuridico: tale parificazione incide anche in materia successoria. La Corte accoglie quindi l’impostazione della Corte d’Appello che ha riconosciuto al figlio naturale una quota ereditaria pari a quella del figlio legittimo​.

  4. Esclusione di beni alienati dalla massa
    La Cassazione conferma la decisione d’appello che ha escluso dalla massa ereditaria i beni asseritamente alienati dal convenuto prima della domanda, in assenza di prova documentale sufficiente e inidoneità del CTU a supplire alla carenza probatoria​.

Valenza pratica della decisione

Questa sentenza è una tappa fondamentale nell’evoluzione del diritto successorio italiano, perché:

  • Stabilisce la retroattività della parificazione tra figli, anche in ambito successorio, laddove vi sia un giudicato sullo status;

  • Rafforza la rilevanza della CEDU nella valutazione della legittimità delle norme interne;

  • Sottolinea la necessità, anche in divisioni giudiziali tardive, di fornire prova piena dell’appartenenza dei beni alla massa ereditaria.

Per l’avvocato che si trovi a patrocinare cause su eredità remote, è una bussola importante per sostenere pretese successorie dei figli naturali, soprattutto in presenza di un riconoscimento avvenuto solo dopo la morte del de cuius.

 

2 – Accettazione tacita, beneficio di inventario e actio interrogatoria: chiarimenti dalla Cassazione

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Ord. 1° giugno 2023, n. 15587 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Giuseppe Tedesco

Oggetto

La Corte di Cassazione si pronuncia sull’interpretazione dell’art. 485 c.c. in relazione alla decorrenza del termine per compiere l’inventario in caso di accettazione beneficiata, e chiarisce quando sia esperibile l’actio interrogatoria ex art. 481 c.c.

Sintesi della vicenda

Il ricorrente, figlio del defunto, aveva agito in giudizio per far accertare la propria qualità di erede puro e semplice, sostenendo di aver posseduto beni ereditari fin dal momento della morte del padre (avvenuta nel 2014). Tuttavia, la banca creditrice del de cuius aveva ottenuto dal Tribunale la fissazione del termine ex art. 481 c.c. per l’accettazione dell’eredità, poi decorso inutilmente, con conseguente apertura dell’eredità giacente.

Le Corti di merito (Tribunale e Corte d’Appello) avevano respinto la domanda, ritenendo che il ricorrente non avesse dimostrato di essere entrato nel possesso dei beni ereditari nel termine utile per avvalersi del beneficio di inventario, né potesse vantare una accettazione tacita nei termini previsti dalla legge.

Punti salienti della decisione

  1. Decorrenza del termine per l’inventario (art. 485 c.c.)
    Il termine trimestrale per redigere l’inventario decorre non dalla morte del de cuius, ma dal momento in cui il chiamato entra nel possesso dei beni. In assenza di prova di tale possesso, non può dirsi validamente esercitata l’accettazione beneficiata​.

  2. Inammissibilità dell’actio interrogatoria fuori dal possesso
    La Corte chiarisce che l’actio interrogatoria ex art. 481 c.c. è esperibile solo nei confronti del chiamato non possessore. Se il chiamato è nel possesso dei beni, deve redigere l’inventario entro tre mesi e non è soggetto alla diffida prevista dall’art. 481​.

  3. Accettazione tacita e onere probatorio
    La prova del possesso è a carico del chiamato all’eredità. Non basta aver svolto attività generiche sul patrimonio del de cuius per ritenere integrata una accettazione tacita. Nel caso in esame, la documentazione prodotta dal ricorrente attestava atti successivi al 2015, incompatibili con la pretesa accettazione nel 2014​.

  4. Effetti del decorso del termine ex art. 481 c.c.
    Se, a seguito della fissazione del termine per accettare, il chiamato rimane inerte, decade dal diritto di accettare. La conseguenza è l’apertura dell’eredità giacente, come accaduto nel caso concreto, con nomina di curatore​.

Valenza pratica della decisione

Questa ordinanza fornisce chiarimenti importanti per chi si trovi a gestire una successione aperta da tempo o con chiamati incerti:

  • In assenza di possesso, la fissazione di un termine ex art. 481 c.c. è ammissibile; ma se il chiamato ha preso possesso anche solo parziale dei beni, il meccanismo è diverso: scatta l’obbligo autonomo di redigere l’inventario entro 3 mesi.

  • La documentazione prodotta a sostegno della presunta accettazione tacita va esaminata con estrema attenzione: una condotta postuma anche di pochi mesi può far cadere la pretesa.

  • È buona prassi, per evitare decadenze, agire prontamente con inventario o dichiarazione formale, evitando comportamenti equivoci.

Per l’avvocato, questa sentenza è utile da allegare in tutti i casi in cui si contesti l’inerzia di un chiamato, oppure si voglia affermare la decadenza a fronte del decorso del termine ex art. 481 c.c., soprattutto nei contenziosi tra eredi e creditori.

 

3 – Testamento composto da soli legati e ruolo dell’erede: la Cassazione impone una lettura sistematica

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Sent. 6 novembre 2023, n. 30802 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Mauro Criscuolo

Oggetto

La Corte affronta il tema, ricorrente nella prassi, del testamento che attribuisce tutti i beni a titolo di legato, escludendo apparentemente la figura dell’erede. La pronuncia chiarisce se e quando sia comunque necessario individuare un erede per garantire la gestione e l’amministrazione dell’eredità.

Sintesi della vicenda

A seguito del decesso di Marino Maria, la quale aveva lasciato testamento disponendo singole attribuzioni a favore dei figli, il coniuge superstite convenne in giudizio i figli per ottenere la divisione dei beni in via ab intestato, deducendo la nullità del testamento per violazione della parità di trattamento o per inidoneità a regolare l'intera successione.

In primo grado, il Tribunale di Siracusa dichiarò che si trattava di legati, ma ritenne che la successione fosse comunque validamente regolata. In sede di riassunzione, gli eredi di uno dei figli (deceduto medio tempore) furono condannati al rilascio dei beni legati e al pagamento dei frutti civili e dei danni. La Corte d’Appello confermò in gran parte la decisione, ma la questione giuridica centrale venne sottoposta alla Cassazione.

Punti salienti della decisione

  1. Distinzione tra erede e legatario
    Quando il testatore distribuisce l’intero asse ereditario con singoli legati, non si verifica una devoluzione universale, ma solo attributi particolari. Ciò, tuttavia, non comporta l’assenza di una vocazione ereditaria: il legislatore impone comunque l’individuazione di un erede per la gestione del passivo​.

  2. Necessità di un successore universale
    L’erede non è soltanto colui che riceve parte del patrimonio, ma soprattutto colui che assume la posizione giuridica del de cuius rispetto a debiti e rapporti non oggetto di specifica disposizione. Senza erede, non sarebbe possibile assicurare la continuità nei rapporti giuridici attivi e passivi​.

  3. Rilevanza della natura degli atti dispositivi
    In presenza di legati che coprono l’intero patrimonio, la qualificazione formale non basta: occorre accertare se esista comunque un’eredità residuale (debiti, diritti futuri, beni non considerati) e se qualche soggetto possa essere ritenuto erede per legge o per interpretazione del testamento​.

  4. Danno da mancato godimento dei beni legati
    Il legatario, se privato del possesso dei beni, può chiedere i frutti civili in base al valore locativo e in forma rivalutata. La Corte conferma che si tratta di danno “in re ipsa”, non necessitante una prova specifica del pregiudizio subito.

  5. Nullità della notifica e validità della riassunzione
    Anche se la notifica dell’atto di riassunzione a seguito della morte di una parte era giuridicamente inesistente, la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che la causa non si fosse estinta, disponendo la prosecuzione del giudizio e decidendo nel merito​.

Valenza pratica della decisione

La sentenza chiarisce un punto spesso trascurato in sede di redazione testamentaria: non è sufficiente elencare i beni da assegnare a titolo di legato per evitare la figura dell’erede. La presenza di un successore universale è necessaria per garantire:

  • la prosecuzione dei rapporti giuridici del de cuius,

  • la gestione delle passività,

  • l’eventuale integrazione dell’asse con beni sopravvenuti.

L’art. 588 c.c., che distingue tra eredi e legatari, va letto in modo sistematico e non meramente formalistico. Inoltre, il contenuto residuale dell’eredità – debiti, obblighi fiscali, rapporti pendenti – impone sempre una figura di raccordo tra il de cuius e l’ordinamento.

Per il pratico del diritto, questa decisione rappresenta un precedente prezioso sia nella consulenza testamentaria sia nelle liti successorie in cui si discute l’effettiva regolazione dell’intera successione.

 

4 – Donazioni simulate, azione di riduzione e accettazione con beneficio d’inventario: nuovi chiarimenti della Cassazione

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Ord. 27 ottobre 2023, n. 29891 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Mauro Criscuolo

Oggetto

La pronuncia affronta due nodi centrali della materia successoria:

  1. L’esperibilità dell’azione di simulazione relativa per far emergere una donazione dissimulata.

  2. I presupposti per l’azione di riduzione da parte dei legittimari e il requisito dell’accettazione con beneficio di inventario.

Sintesi della vicenda

Due coeredi convenivano in giudizio il fratello, la moglie e il figlio di questi, sostenendo che l’atto di vendita stipulato dalla madre in loro favore fosse in realtà una donazione dissimulata, in quanto privo di corrispettivo. Chiedevano quindi la riduzione dell’atto per lesione della loro quota di legittima, previa collazione.

Tribunale e Corte d’Appello rigettavano la domanda: in primo grado per il preteso ne bis in idem con una sentenza del 2009 (in cui si era discusso della validità dell’atto), in appello per mancanza del presupposto dell’accettazione beneficiata.

Punti salienti della decisione

  1. Distinzione tra giudicato formale e oggetto sostanziale della domanda
    La Cassazione rileva che il primo giudizio, intentato quando la madre era ancora in vita, mirava a far dichiarare la nullità del contratto per difetti strutturali (causa, oggetto); quello successivo, invece, verte su simulazione relativa in chiave successoria, per far valere i diritti dei legittimari. I due giudizi hanno oggetto e causa petendi differenti, per cui non opera il giudicato​.

  2. Azione di simulazione esperibile dai legittimari come terzi
    L’azione di simulazione non richiede una prova rigorosa, come quella di falsità, quando è promossa da legittimari lesi nella propria quota: sono terzi rispetto al contratto dissimulato, e possono quindi provare la simulazione anche per testimoni e presunzioni​.

  3. Accettazione beneficiata come presupposto dell’azione di riduzione
    La Corte ribadisce che l’azione di riduzione proposta da legittimari contro terzi aventi causa del de cuius (come i donatari) è ammissibile solo se chi la promuove ha accettato l’eredità con beneficio di inventario. Ciò perché l’erede diventa, in questo caso, un “creditore contro terzi”​.

  4. Casi in cui l’accettazione si presume tacita
    L’accettazione pura e semplice è ritenuta sussistente se:

    • l’erede si qualifica come tale nelle difese;

    • partecipa alla divisione di somme giacenti;

    • incassa somme a lui spettanti;

    • prosegue giudizi pendenti in qualità di successore​.

    Nel caso in esame, tutto ciò era avvenuto, sicché l’accettazione non era stata con beneficio, rendendo inammissibile l’azione verso i terzi.

Valenza pratica della decisione

La pronuncia ha un forte impatto operativo:

  • Conferma la possibilità per i legittimari di eccepire la simulazione senza bisogno di azione autonoma, se il fine è la tutela della quota di riserva.

  • Ricorda che l’accettazione con beneficio di inventario è condizione imprescindibile per agire contro donatari, anche se parenti stretti, quando si configura una donazione lesiva.

  • Evidenzia che la partecipazione attiva alla gestione dell’eredità (anche senza atto formale) può valere come accettazione tacita pura e semplice, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Questa sentenza è una guida concreta per evitare errori nella proposizione delle domande di riduzione, soprattutto in presenza di donazioni mascherate da atti onerosi.

 

5 – Trust e azione di riduzione: la legittima non si tocca

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Ord. 17 febbraio 2023, n. 5073 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Mauro Criscuolo

Oggetto

La Corte di Cassazione è chiamata a decidere sulla legittimità di un trust estero (discrezionale), istituito dai genitori della ricorrente, in relazione alla possibile lesione dei diritti di legittima della figlia, erede legittimaria. Viene posta la questione della validità e riconoscibilità del trust in Italia, e della possibilità di azione di riduzione dei beni conferiti nel trust stesso.

Sintesi della vicenda

Una minore, rappresentata dalla madre, ha convenuto in giudizio i trustee e altri beneficiari del trust istituito dai genitori, per ottenere:

  1. la dichiarazione di nullità dell’atto di trasferimento di partecipazioni azionarie a favore del trust;

  2. la nullità dell’atto istitutivo del trust stesso per contrasto con le norme italiane in materia successoria;

  3. l’accertamento che i beni conferiti dovevano rientrare nella massa ereditaria del padre defunto, e che la legittima risultava lesa.

Il trust era stato istituito all’estero (in un Paese di common law), era discrezionale e attribuiva un ampio potere di gestione ai trustee.

Punti salienti della decisione

  1. Legittimazione del legittimario ad agire
    La Corte ribadisce che il legittimario, anche se potenzialmente beneficiario del trust, ha interesse ad agire per la certezza e la stabilità della propria quota di legittima, garantita ex lege dal nostro ordinamento. Il solo fatto di essere incluso (in via eventuale) tra i beneficiari non è sufficiente a tutelarlo​.

  2. Validità astratta del trust estero in Italia
    Il trust istituito all’estero non è di per sé nullo o irrilevante. L’Italia riconosce l’istituto del trust secondo la Convenzione dell’Aja del 1985, ma la validità va comunque valutata in relazione alla causa concreta e alla compatibilità con le norme imperative dell’ordinamento interno, specie in tema di devoluzione ereditaria​.

  3. Conflitto con la disciplina della legittima
    La Corte evidenzia che un trust che, conferendo l’intero patrimonio, sottrae beni all’asse ereditario e impedisce il rispetto delle quote di riserva, viola gli articoli 536 ss. c.c. e l’art. 457 c.c., per cui è esperibile l’azione di riduzione​.

  4. Simulazione e dissimulazione del trust come donazione
    Il trust è qui considerato un mezzo per realizzare una donazione indiretta o una disposizione post mortem elusiva, che lede i diritti dei legittimari. Anche se il trust è valido, i suoi effetti possono essere aggrediti con l’azione di riduzione​.

  5. Nozione di “beneficiario eventuale” e incertezza giuridica
    Un beneficiario non ha certezza né del “se” né del “quanto” riceverà dal trust. Tale incertezza non soddisfa il diritto alla quota di legittima, che deve essere quantitativamente determinata e attuale, non aleatoria​.

Valenza pratica della decisione

Questa ordinanza della Cassazione conferma che:

  • Il trust non può essere usato per sottrarre beni alla legittima;

  • I legittimari possono agire per ottenere la reintegrazione della quota, anche se beneficiari potenziali del trust;

  • Non è la struttura del trust ad essere vietata, ma il suo uso distorsivo per finalità successorie elusive;

  • È sempre necessaria una valutazione concreta di compatibilità con l’ordinamento italiano, che tutela in modo inderogabile le quote riservate per legge.

Per l’avvocato, questa sentenza è fondamentale da richiamare nei giudizi di riduzione in cui sia stato utilizzato uno strumento di diritto straniero per pianificare l’eredità senza rispettare i limiti imposti dal diritto interno.

 

6 – Collazione e scioglimento della comunione ereditaria: tra liberalità indirette e diritti del donatario

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Sent. 16 giugno 2023, n. 17409 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Giuseppe Tedesco

Oggetto

La Corte di Cassazione torna sul tema della collazione ereditaria, chiarendo i criteri per la sua applicazione in presenza di donazioni dirette e indirette e beni già in comunione, con particolare attenzione al diritto del donatario di scegliere tra imputazione e conferimento in natura.

Sintesi della vicenda

La causa prende avvio dalla successione di Giovanni Scaduto Scardina, il quale aveva disposto dei propri beni per testamento, assegnandoli in parti uguali ai tre figli: Gioacchino, Francesca e Caterina. Uno dei figli, Gioacchino, era premorto al testatore, lasciando la moglie e i figli.

In sede di giudizio, le figlie superstiti chiedevano la riduzione delle disposizioni testamentarie e la collazione delle donazioni effettuate in vita dal padre a favore di Gioacchino, tra cui:

  • la nuda proprietà di un fondo rustico, apparentemente oggetto di vendita ma in realtà frutto di una donazione simulata;

  • somme di denaro per l’acquisto di un immobile intestato al figlio;

  • beni in comunione ritenuti frutto di liberalità indirette.

La Corte d’Appello di Palermo aveva accolto tali istanze, ricomprendendo anche i beni in comunione nella massa da dividere. La decisione è stata confermata dalla Cassazione.

Punti salienti della decisione

  1. Donazioni dissimulate come oggetto di collazione
    È legittimo attrarre alla massa da dividere anche beni che formalmente risultano acquistati a titolo oneroso, se è dimostrata la simulazione del corrispettivo o l'origine donativa delle somme. La Corte richiama la giurisprudenza sulla riconoscibilità delle donazioni indirette come oggetto di collazione​.

  2. Beni già in comunione non escludono la collazione
    Anche i beni intestati pro quota a più coeredi possono essere oggetto di collazione, se la loro attribuzione è frutto di liberalità del de cuius. Il fatto che il bene risulti cointestato non esclude che sia stato attribuito in via gratuita, e quindi debba rientrare nella massa ereditaria​.

  3. Facoltà del donatario di scegliere la modalità di collazione
    Il coerede donatario ha il diritto di scegliere tra conferire in natura il bene donato oppure imputarne il valore alla propria quota ereditaria. Tale scelta è libera, ma va esercitata in buona fede e con riferimento alla situazione concreta della massa da dividere​.

  4. Valutazione delle migliorie e dell’apporto personale
    Quando uno dei coeredi ha contribuito alla valorizzazione del bene (es. impresa familiare), tale apporto può incidere sulla quantificazione della quota o sull’equilibrio della divisione, ma non esclude la collazione, che resta obbligatoria per i discendenti​.

  5. Moglie dell’erede premorto e collazione
    La Corte ribadisce che la moglie dell’erede premorto non è tenuta alla collazione, poiché non è discendente del de cuius e non partecipa all’asse ereditario per diritto proprio. Tuttavia, i figli subentranti all’erede premorto devono collazionare quanto ricevuto dal loro dante causa​.

Valenza pratica della decisione

Questa sentenza ha numerosi risvolti pratici nella gestione delle successioni con pluralità di coeredi:

  • Estende l’ambito oggettivo della collazione a tutte le attribuzioni liberali, anche indirette o simulate, purché riconducibili alla volontà gratuita del de cuius.

  • Evidenzia che la forma dell’atto non prevale sulla sostanza: anche un atto di compravendita può essere oggetto di collazione, se dietro si cela una donazione.

  • Riconosce al donatario il diritto di opzione tra collazione in natura e per imputazione, ma vincola tale scelta al principio di buona fede e all’interesse della comunione.

  • Offre indicazioni utili per comprendere quando le migliorie e il contributo personale possano rilevare nella quantificazione della quota e nella divisione.

Per l’avvocato, questa sentenza rappresenta un autorevole precedente da utilizzare nei contenziosi successori in cui si discuta della massa ereditaria e della collazione, specie in contesti familiari complessi.

 

7 – Donazioni indirette e convivenza familiare: quando l’assistenza diventa lesione di legittima

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Sent. 4 luglio 2023, n. 18814 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Antonio Scarpa

Oggetto

La Corte di Cassazione esamina la legittimità di una sentenza che aveva qualificato come donazioni indirette le somme ricevute da una figlia convivente con la madre defunta, ritenendole lesive della quota di legittima degli altri due figli. Viene chiarito il confine tra aiuto familiare legittimo e trasferimenti patrimoniali di natura liberale, e il conseguente diritto alla reintegrazione dei legittimari.

Sintesi della vicenda

Due fratelli avevano agito in giudizio contro la sorella, chiedendo il riconoscimento della lesione della loro quota di legittima, causata – a loro dire – dai trasferimenti patrimoniali effettuati dalla madre in vita a favore della figlia Giuditta, con la quale aveva convissuto dal 1981 fino alla morte (2005).

Il Tribunale di Teramo aveva accolto la domanda e condannato la sorella alla restituzione delle somme eccedenti. La Corte d’Appello de L’Aquila confermava la decisione, ritenendo provato che la madre avesse trasferito sistematicamente somme di denaro alla figlia, in misura tale da comportare una donazione complessa lesiva della riserva.

Punti salienti della decisione

  1. La convivenza prolungata non giustifica sempre gli aiuti economici
    La Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che l’assistenza fornita dalla figlia convivente non costituisse una controprestazione sufficiente a giustificare i trasferimenti patrimoniali. In particolare, è stato accertato che la madre spendeva solo il 60% della propria pensione per sé, risparmiando il restante 40%, che finiva sistematicamente alla figlia​.

  2. Donazione indiretta e liberalità continuata
    È configurabile una donazione indiretta anche quando non vi sia un singolo atto formale, ma una pluralità di trasferimenti sistematici e reiterati. In tal caso, il comportamento del de cuius si traduce in un disegno unitario di depauperamento a favore di un solo coerede, con effetti successori concreti​.

  3. Assenza di obbligazione naturale o donazione remuneratoria
    Non è emerso alcun intento della defunta di retribuire la figlia per servizi resi né alcun obbligo morale giuridicamente rilevante. La Corte ha escluso la natura remuneratoria o obbligazionale dei trasferimenti: si trattava di elargizioni unilaterali, periodiche, prive di contropartita​.

  4. Prova per presunzioni e valore della CTU
    La decisione si fonda su valutazioni tecnico-contabili condotte dal CTU, che ha ricostruito l’ammontare complessivo delle somme trasferite nel tempo, stimandole in circa € 114.659,40 a favore della convenuta, a fronte di solo € 1.136,22 per ciascun altro figlio. La Corte ha valorizzato le presunzioni gravi, precise e concordanti circa l’effettivo passaggio patrimoniale​.

Valenza pratica della decisione

Questa pronuncia costituisce una guida preziosa per distinguere:

  • l’assistenza familiare legittima dal sostegno economico sistematico e gratuito, che assume rilevanza successoria;

  • le liberalità in vita dai meri atti di mantenimento;

  • le donazioni indirette da comportamenti irrilevanti ai fini della collazione o riduzione.

La sentenza rafforza la possibilità per i legittimari di ottenere la reintegrazione della quota lesa anche in assenza di un atto formale di donazione, basandosi su flussi economici significativi e reiterati.

Per l’avvocato, si tratta di un importante precedente da invocare in tutte quelle cause in cui si sospetti che un coerede, convivente con il de cuius, abbia beneficiato di un ingiustificato arricchimento a danno degli altri eredi.

 

8 – Donazione soggetta a premorienza del donante: la Cassazione fissa i limiti al divieto dei patti successori

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Sent. 13 dicembre 2023, n. 34858 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Giuseppe Fortunato

Oggetto

La Corte di Cassazione chiarisce se una donazione condizionata alla premorienza del donante, intercorrente tra fratelli, sia nulla per violazione del divieto dei patti successori ex art. 458 c.c., oppure ammissibile alla luce dell’effettivo assetto degli interessi perseguito.

Sintesi della vicenda

A.A. aveva convenuto in giudizio la sorella B.B. per far dichiarare la nullità di una donazione che il fratello premorto aveva effettuato in suo favore, condizionandola alla propria premorienza. Lo scopo della domanda era ottenere il controvalore delle quote sociali ricevute dalla sorella e poi da lei cedute a terzi per oltre 4 milioni di euro, ritenendo che l’atto fosse un patto successorio inammissibile.

La convenuta ha eccepito che la donazione aveva avuto efficacia attuale e che successivi accordi tra gli eredi avevano regolato l’intero asse ereditario, con reciproche rinunce e accettazioni, così da precludere ogni ulteriore pretesa.

Punti salienti della decisione

  1. Donazione con condizione sospensiva e divieto di patti successori
    La Corte esclude che la donazione condizionata alla premorienza del donante sia automaticamente nulla: se l’atto produce effetti immediati e la condizione non incide sulla devoluzione successoria, non viola l’art. 458 c.c.. In altri termini, non ogni condizione legata alla morte integra un patto successorio​.

  2. Autonomia della donazione rispetto alla successione
    La donazione oggetto di giudizio non era collegata a un testamento, né subordinata alla devoluzione ereditaria, ma espressione di un programma negoziale autonomo, tra soggetti in vita, che avevano regolato i propri rapporti patrimoniali presenti e futuri​.

  3. I patti successori devono riguardare direttamente la successione
    La violazione dell’art. 458 c.c. si verifica solo quando l’accordo mira a disporre o rinunciare in via immediata a diritti che avranno rilievo solo con l’apertura della successione, il che non è accaduto nel caso concreto​.

  4. Validità delle scritture private tra coeredi
    Gli accordi intercorsi tra le parti dopo la morte del fratello (atti di assegnazione di beni immobili e mobili, riepilogo finale) non sono patti successori, ma atti di regolazione consensuale della comunione ereditaria già aperta, validi anche se implicano rinunce all’azione di riduzione​.

  5. Rilevanza della rinuncia all’azione di riduzione
    La Corte conferma che la rinuncia all’azione di riduzione è valida e opponibile, se posta in essere dopo l’apertura della successione e se riferita a diritti già acquisiti, come nel caso in esame​.

Valenza pratica della decisione

Questa sentenza è particolarmente utile per chiarire:

  • quando una donazione condizionata alla morte non integra un patto successorio: l’elemento discriminante è la produttività immediata degli effetti;

  • la liceità degli accordi tra coeredi successivi alla morte del de cuius, anche se comportano rinunce a diritti successori, come l’azione di riduzione;

  • la distinzione tra negozi in frode alla legittima e assetti volontari leciti: la volontà delle parti, se chiaramente orientata a una regolazione inter vivos, merita tutela.

Per l’avvocato, questa pronuncia è una chiave interpretativa cruciale per affrontare liti in cui si contesti la validità di attribuzioni patrimoniali tra vivi collegate alla morte, e per difendere la validità di atti dispositivi strutturati in modo tecnicamente corretto.

 

9 – Il figlio concepito ha diritti successori: la Cassazione riafferma una garanzia fondamentale

Estremi della sentenza: Cass. civ., Sez. II, Sent. 28 novembre 2023, n. 33011 (scaricabile da qui)
Giudice Relatore: Cons. Giuseppe Fortunato
(Fonte: Cass. civ., Sez. II, sent. n. 33011/2023 – OneLegale)

Oggetto

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul diritto successorio del figlio concepito, confermando l’estensione della capacità ereditaria anche al nascituro, a condizione che venga successivamente alla nascita dimostrato che era concepito al momento della morte del de cuius.

Sintesi della vicenda

Il ricorso trae origine da una controversia ereditaria in cui uno degli eredi impugnava l’esclusione dalla massa ereditaria del figlio nato pochi mesi dopo la morte del padre. La Corte d’Appello aveva negato la sua legittimazione attiva in quanto il figlio non risultava nato al momento dell’apertura della successione.

La madre del minore aveva dunque promosso ricorso per cassazione, facendo leva sull’art. 462, comma 1, c.c., che riconosce al concepito la capacità di succedere, subordinandola alla effettiva nascita.

Punti salienti della decisione

  1. Il concepito è già titolare del diritto successorio
    La Corte ribadisce che il concepito acquista diritti successori fin dal momento dell’apertura della successione, sebbene in modo sub condicione: la condizione è che nasca vivo. Tale diritto non è eventuale, ma condizionato.

  2. Valore della prova del concepimento
    Il diritto successorio del concepito non opera automaticamente: chi lo invoca deve provare che il concepimento sia avvenuto prima della morte del de cuius. In assenza di contestazioni, si può ricorrere alla presunzione legale di concepimento prevista dall’art. 232 c.c. (tra il 180° e il 300° giorno prima della nascita).

  3. Capacità giuridica “posticipata” ma effetto retroattivo
    Il figlio non ancora nato non ha piena capacità giuridica, ma la legge gliene attribuisce una anticipata, ad effetti condizionati, che si consolida con la nascita. In questo senso, la successione si apre anche a favore del concepito, e non si può escluderlo dalla massa ereditaria.

  4. I legittimari concepiti vanno considerati ai fini del calcolo delle quote di riserva
    Quando il concepito è un figlio legittimario, la sua esistenza (pur in forma solo potenziale) va considerata nel calcolo delle quote riservate. Di conseguenza, ogni atto lesivo di tali quote potrà essere impugnato dopo la nascita del figlio.

  5. Tutela del concepito anche nelle divisioni ereditarie
    Se la successione è già stata divisa al momento della nascita, il figlio ha diritto a ottenere il suo controvalore e a chiedere la rideterminazione delle quote. Eventuali atti divisionali che lo abbiano escluso sono inefficaci nei suoi confronti, salvo che vi sia stata una riserva specifica.

Valenza pratica della decisione

Questa pronuncia ribadisce con forza un principio che, pur consolidato, non è sempre correttamente applicato nella prassi:

  • Il concepito ha diritto alla legittima come qualsiasi altro figlio, e non può essere escluso da testamenti, donazioni o divisioni ereditarie;

  • Chi redige atti dispositivi o partecipa a divisioni ereditarie deve verificare se esistano figli concepiti, con attenzione ai tempi biologici;

  • È essenziale che il curatore del nascituro o il genitore esercente la responsabilità genitoriale agisca tempestivamente per tutelare il diritto alla quota di riserva.

Per l’avvocato, la sentenza offre una guida pratica per impostare correttamente ogni azione a tutela di un figlio non ancora nato ma erede a pieno titolo, e rappresenta un valido riferimento da citare anche in sede di negoziazione stragiudiziale.