Successioni e Divisioni ereditarie: cosa ha detto la Corte d’Appello di Trento nel 2024

Nel corso del 2024, la Corte d’Appello di Trento ha affrontato numerose questioni in materia di successione e divisione ereditaria. Le decisioni offrono spunti interessanti per comprendere l’orientamento della giurisprudenza locale in questo ambito delicato. Riassumo di seguito le pronunce più rilevanti:

1. Successione e legittima: il relictum va distinto dal donatum, sì alla CTU per valutare le donazioni

Corte d’Appello di Trento, Sentenza n. 116/2024, R.G. 111/2022, pubblicata il 12 agosto 2024

Oggetto: Azione di riduzione per lesione di legittima – Accertamento della massa ereditaria – Donazioni indirette – Determinazione del valore del relictum e del donatum – CTU estimativa – Scioglimento della comunione ereditaria.

Sintesi della vicenda:
Il procedimento si è sviluppato a partire da una complessa vicenda familiare in cui alcuni eredi legittimari chiedevano la reintegrazione della loro quota di legittima, lamentando di essere stati lesi da precedenti donazioni effettuate dal de cuius. In particolare, gli appellanti hanno invocato la necessità di valutare correttamente sia il patrimonio relitto (relictum), sia quello donato (donatum), chiedendo la riforma delle precedenti sentenze del Tribunale di Trento che avevano escluso parte del valore immobiliare dalle donazioni considerate.

Punti salienti della decisione:

  • La Corte ha accertato che:

    • Il relictum era pari a € 157.728,53.

    • Il donatum ammontava a € 169.729,89, oltre al valore di alcune particelle immobiliari da stimarsi con nuova CTU​.

    • La quota di legittima per ciascun erede era pari a € 54.576,00.

  • Gli appellanti hanno eccepito che il valore dell’immobile oggetto di donazione era stato sottostimato a causa della considerazione di un usufrutto che, in realtà, era stato già rinunciato nel 2005. Secondo loro, la CTU aveva erroneamente ridotto il valore del bene, trascurando tale circostanza.

  • La Corte ha tuttavia ritenuto corretta la valutazione compiuta dal Tribunale e dal CTU, osservando che anche le particelle oggetto di contestazione erano state considerate nel computo e che la rinuncia all’usufrutto configurava semmai una donazione indiretta rilevante ai fini della quota di legittima.

  • È stata confermata l’attribuzione ai coeredi del compendio ereditario secondo le quote di legge, tenendo conto delle donazioni pregresse, e la causa è stata decisa anche sulla base delle osservazioni tecniche del consulente.

Valenza pratica della decisione:
La sentenza offre una lettura importante dell’art. 556 c.c. e dei criteri di calcolo della massa ereditaria, ribadendo la necessità di valutare il patrimonio donato con riferimento alla data di apertura della successione e non secondo parametri astratti o postumi. Sottolinea inoltre la funzione della CTU come strumento essenziale per stimare correttamente il valore dei beni, specialmente quando gli stessi risultino oggetto di donazioni con riserva di usufrutto.

2. La sentenza è cassata? Restituisci le somme: il principio di ripetizione ex art. 389 c.p.c.

Corte d’Appello di Trento, Sentenza n. 53/2024, R.G. 56/2022, pubblicata il 7 maggio 2024

Oggetto: Divisione ereditaria – Giudizio di rinvio dopo cassazione – Obbligo restitutorio delle somme percepite in esecuzione della sentenza cassata – Condanna ex art. 389 c.p.c.

Sintesi della vicenda:
La causa origina da una lunga controversia ereditaria in cui, a seguito della sentenza n. 40/2011 del Tribunale di Rovereto, alcuni coeredi avevano ricevuto oltre 150.000 euro in esecuzione forzata, prima che la Corte di Cassazione annullasse quella decisione. Riassunto il giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Trento, gli attori hanno chiesto la restituzione delle somme versate in forza della sentenza cassata, ai sensi dell’art. 389 c.p.c., oltre a interessi legali e spese.

Punti salienti della decisione:

  • La Corte ha rigettato l’appello degli ex beneficiari, confermando l’illegittimità delle somme percepite in virtù di una sentenza ormai annullata dalla Suprema Corte.

  • Accolta la domanda di ripetizione dell’indebito: è stata disposta la restituzione della somma di €152.990,00, con interessi legali dalla data della corresponsione al saldo​.

  • Condanna anche alle spese legali di tutti i gradi di giudizio (primo grado, primo appello, Cassazione e rinvio), per un totale di oltre 30.000 euro, inclusivi di IVA, CPA e contributi unificati.

  • È stata esclusa ogni applicabilità degli articoli 1256 e 1464 c.c. (impossibilità sopravvenuta), ribadendo che non si può trattenere una prestazione pecuniaria fondata su una decisione giudiziale divenuta nulla.

Valenza pratica della decisione:
La pronuncia chiarisce un aspetto cruciale del processo civile: in caso di cassazione con rinvio, chi ha percepito somme in forza della sentenza annullata è obbligato a restituirle, senza che rilevi la buona fede o eventuali modifiche della situazione soggettiva. La sentenza richiama espressamente la giurisprudenza delle Sezioni Unite n. 16080/2021, che esclude qualsiasi automatismo tra la perdita del bene oggetto della divisione e l’estinzione della prestazione economica ricevuta.

3. Prelievi dal conto del de cuius: quando serve (davvero) il rendiconto

Corte d’Appello di Trento, Sentenza n. 133/2024, R.G. 142/2023, pubblicata il 20 settembre 2024

Oggetto: Divisione ereditaria – Prelievi bancari – Mandato e obbligo di rendiconto – Valutazione delle prove testimoniali – Rigetto della domanda.

Sintesi della vicenda:
Il ricorrente aveva chiesto la ricostruzione dell’asse ereditario materno con rendiconto completo da parte della sorella, alla quale la madre aveva conferito procura per operare sul proprio conto. Lamentava che in un arco di circa sette anni erano stati effettuati prelievi per € 68.970,00, privi di giustificazione, ritenendo che tali somme dovessero rientrare nella massa ereditaria e divise tra i coeredi.

Punti salienti della decisione:

  • Il Tribunale di Rovereto aveva rigettato la domanda ritenendo che non vi fosse prova dell’uso illecito o personale delle somme da parte della convenuta.

  • In appello, il ricorrente ha sostenuto che:

    • La de cuius era una persona fragile e suggestionabile.

    • Le spese quotidiane erano già coperte da addebiti diretti e utilizzo del bancomat.

    • La figlia, in qualità di mandataria, aveva l’onere di rendere conto anche dopo la morte del mandante, obbligo trasmesso agli eredi.

  • La Corte ha rigettato l’appello, ritenendo:

    • La lucidità e autonomia della de cuius fino agli ultimi giorni, come dimostrato da cartelle cliniche e testimonianze.

    • L'ammontare dei prelievi, pur elevato, coerente con il tenore di vita della madre (pagamento contanti di legna, spese, animali domestici, badanti).

    • Nessun elemento concreto era stato fornito per ritenere l’uso delle somme per fini estranei agli interessi della madre​.

Valenza pratica della decisione:
La sentenza ribadisce un principio importante: l’onere della prova grava su chi chiede il rendiconto. Non basta invocare una gestione anomala: servono elementi specifici e documentali che dimostrino l’uso illecito delle somme. La procura bancaria non implica automaticamente un abuso di fiducia, specie se il beneficiario era ancora in grado di autodeterminarsi.

4. Lesione della legittima per donazioni e testamento: erede beneficiaria condannata entro i limiti del beneficio d’inventario

Corte d’Appello di Trento, Sentenza n. 120/2024, R.G. 239/2019, pubblicata il 14 agosto 2024

Oggetto: Successione – Donazioni – Testamento olografo – Lesione quota di riserva – Reintegrazione – Accettazione con beneficio d’inventario – Responsabilità limitata.

Sintesi della vicenda:
Due sorelle avevano convenuto in giudizio i fratelli e la madre, lamentando che le disposizioni testamentarie e le donazioni effettuate dal padre deceduto avessero leso le loro quote di legittima. Il Tribunale di Rovereto, con sentenza del 2019, aveva parzialmente accolto la domanda, disponendo la riduzione delle disposizioni lesive.

Contro tale sentenza proponevano appello i fratelli e la madre, eccependo, tra l’altro, che il valore dell’immobile caduto in successione fosse stato sovrastimato, in quanto oggetto di una sentenza che imponeva la demolizione di una parte dell’edificio per violazione di una servitù. Dopo la morte della madre, l’appello veniva riassunto nei confronti dei figli anche in qualità di eredi, ma questi rinunciavano alla successione. Subentrava così la nipote, unica accettante con beneficio d’inventario.

Punti salienti della decisione:

  • La Corte ha riconosciuto che il valore dell’immobile andava effettivamente ridotto per tener conto dell’abuso edilizio accertato da precedenti sentenze.

  • Tuttavia, ha confermato che vi era stata una lesione delle quote legittime delle attrici, determinata non dalle donazioni in favore dei figli, ma dagli assegni percepiti dalla madre.

  • La condanna è stata quindi emessa nei confronti dell’unica erede della madre, nei limiti del valore dei beni a lei pervenuti, ai sensi dell’art. 490 c.c.

  • Rigettate invece le domande verso i fratelli, a causa della rinuncia all’eredità materna.

  • Le spese sono state parzialmente compensate, con condanne proporzionali.

Valenza pratica della decisione:
La sentenza offre spunti utili su due fronti: da un lato, l'importanza di una valutazione aggiornata e realistica del patrimonio ereditario, anche tenendo conto di problematiche edilizie o urbanistiche; dall'altro, chiarisce che l'accettazione con beneficio d'inventario limita la responsabilità dell'erede subentrato, e non consente di rivolgere domande oltre tali limiti. Interessante anche l’effetto concreto della rinuncia all’eredità per evitare responsabilità personali in giudizio.

5. Possesso parziale di un immobile ereditario comporta accettazione tacita dell’eredità

Corte d’Appello di Trento, Sentenza n. 27/2024, R.G. 120/2023, pubblicata il 19 marzo 2024

Oggetto: Successione – Accettazione tacita – Art. 485 c.c. – Comproprietà – Possesso parziale – Appello accolto.

Sintesi della vicenda:
Il procedimento nasceva dalla domanda di accertamento della qualità di erede, proposta da un coerede nei confronti del figlio del de cuius. Secondo l’attore, quest’ultimo aveva accettato l’eredità del padre per effetto del possesso di beni ereditari (nella specie, un’abitazione), senza aver redatto l’inventario entro i termini previsti dall’art. 485 c.c.

Il Tribunale di Trento aveva rigettato la domanda, sostenendo che il convenuto fosse già comproprietario della casa di abitazione per una quota del 25% e che la sua disponibilità materiale non integrasse una vera e propria accettazione dell’eredità.

Punti salienti della decisione:

  • La Corte d’Appello ha riformato la sentenza, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui è sufficiente il possesso anche di un solo bene con consapevolezza della provenienza ereditaria per configurare accettazione tacita (Cass. 4456/2019, Cass. 7076/1995).

  • Ha osservato che, trattandosi di bene indiviso e senza frazionamento catastale, il convenuto non poteva dimostrare di aver posseduto solo una parte fisicamente delimitata del bene.

  • L’ammissione di possedere la casa, anche se già in comproprietà, comportava l’estensione del possesso all’intero bene ereditario, con conseguente accettazione tacita ex art. 485 c.c.

  • Respinta l’eccezione preliminare di nullità della notifica dell’atto di appello.

Valenza pratica della decisione:
La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la comproprietà non esclude l’accettazione tacita se il chiamato alla successione continua a possedere anche solo parte dei beni del defunto, senza redigere inventario. È dunque essenziale che chi intenda rinunciare all’eredità si astenga dal compiere atti di possesso anche solo materiale, soprattutto su immobili indivisi. Una pronuncia che richiama alla prudenza chi si trova coinvolto in successioni ereditarie complesse.